Le argomentazioni di questo articolo, probabilmente, sembreranno distanti anni luce dalla maggior parte dei navigatori in rete ma, puoi credermi, nei bassifondi dei gruppi tecnici si fa un gran parlare delle opere create dall’Intelligenza Artificiale (IA o AI Artificial Intelligence).
Spero apprezzerai il tono ironico nell’articolo, mentre ricordo pro e contro dell’AI. D’altronde viviamo nelle costanti contraddizioni.
Mano libera o AI?
Come autrice di questo Blog non voglio, né posso, prendere posizioni premature su vicende che preferisco valutare con obiettività anche perché: c’è chi offende e chi si offende, chi tradisce e chi si sente tradito, chi ritiene gli si rubi il mestiere…
Si, perché la tecnologia ha sempre rubato il lavoro di qualcuno:
- le macchine automatiche ai macchinisti delle fabbriche,
- le webcam degli smartphone ai fotografi professionisti,
- le flash news in rete ai giornalisti di cronaca…
Ricordo male, o la tecnologia doveva essere al nostro servizio e semplificarci la vita?
Nei giorni in cui scrivo questo articolo un Brand famoso ha pubblicato un post sui social con immagini digitali, create grazie all’AI, chiarendo che questa tecnologia non sostituirà ma si affiancherà alle professionalità creative.
I commenti, al di sotto del post, sono entusiasti da parte del pubblico del Brand e degli esperti di Marketing che, negli ultimi anni, hanno certamente gradito l’evoluzione dei tool per settori artistici e creativi, con l’aumento di professionalità prive di basi culturali. Va detto, è un dato di fatto.
Il mio punto di vista, davanti immagini provenienti dall’AI, è che provo la sensazione di stupore ma anche di perplessità, di un “già visto”… che mi torna in mente.
Ed è la sensazione di loop quella che resta, considerando che ci si ritrova con dozzine di immagini simili su ogni tema. È quindi la stessa AI che riduce il valore del proprio risultato in un outlet che produce dozzine di soluzioni in pochi secondi.
Immagini bellissime, straordinarie, ma da non considerare Arte. L’Arte non deve essere bella ma attrarre, comunicare, trasmettere il genio e l’unicità dell’artista, quindi è possibile creare arte producendo immagini brutte. Perché l’Arte è bellezza nel senso di cultura, imprinting, quello che avviene quando si crea una connessione con l’artista e la sua opera.
Producendo dall’AI è possibile essere degli eccellenti tecnici, non artisti, e chi produce è il bravissimo tecnico.
L’AI è matematica, straordinaria ed eccezionale, ma non può creare un prodotto con carattere di unicità perché si tratta del risultato di dati, milioni, già esistenti ed elaborati. L’abbinamento di alcuni dati può creare un risultato originale ma mai unico, perché questo è un fattore che appartiene solo agli esseri umani, ovvero al frutto della propria storia.
Mi sono posta anche il dilemma dell’introito: chi ci guadagna? L’AI non è interessata al mero interesse per sé, essendo il frutto di una macchina, quindi alle spalle c’è sempre un’uomo che governa e dirige.
Non esiste, quindi, un software che sia totalmente libero dai diritti d’autore o di cui si possa utilizzare ogni contenuto liberamente.
Può interessarci l’azzeramento di professionalità artistiche per il guadagno di pochi?
Eppure non sono contro l’AI perché mi piace, ma solo come mezzo a completamento dell’arte degli artisti o professionisti. Il giusto è nella misura, difatti, perché già adesso si ritiene di aver semplificato la manualità idolatrando un software come se avesse coscienza propria: forse ci si dovrebbe svegliare dallo stordimento e considerare che non siamo in Matrix, l’abuso dei software può privarci del genio umano, l’unico capace di modificare la storia e l’ovvietà.
È comprovato che scrivere a mano alleni la mente, attivi funzioni cognitive e creative, solleciti il pensiero, fortifichi il senso di indipendenza.
In rete, ormai, ci sono dozzine di articoli, notizie, commenti e opinioni su questo stesso tema.
Se ipotizziamo un mondo governato dall’Intelligenza Artificiale non abbiamo chance, in quanto l’uomo è imperfetto, commette errori, non è nella facoltà di superare qualsiasi test basato sull’integrità, in cui la macchina eccelle.
Fra le opinioni avverse c’è una notizia che riguarda un nuovo Database per gli illustratori, grafici e tecnici del mio settore, in cui inizialmente sono state ammesse ogni genere di opere, comprese quelle che prevedono l’utilizzo di AI, per poi escluderle e nascondere, ai soli iscritti, i lavori degli artisti per tutelare il diritto d’autore, onde evitare che l’Intelligenza Artificiale possa produrre opere derivanti dal lavoro altrui.
Segnalo anche un post della Society Of Illustrators in cui chiariscono che non ammetteranno mai in concorso opere prodotte con AI. Possiamo leggere un’opinione simile dalla Spectrum Fantastic Art Live.
Ci sono le polemiche fra webmaster perché pare che ChatGPT abbia clonato un intero Script, già pubblicato su un Repositiry, senza citarne gli autori… Il rischio di plagio esiste, dunque.
Ancora, ho letto stamani un articolo in cui si denuncia la scrittura di interi romanzi, con il rischio di leggere storie basate su canoni prefissati, interscambio di ruoli e archetipi: l’ovvietà.
Dov’è il genio, dove risiederà, in futuro, la speranza se la storia è scontata?
OpenAI
Riassumento, ora ci sono software gratuiti che rubano il posto ai Copywriter, anzi scrivono pure meglio e con maggiore competenza (come ChatGPT).
Poi ci sono i software che immaginano dipinti digitali in pochi minuti, paesaggi e persone che non esistono (tipo Midjourney), e noi che siamo solo dei poveri, umili, calzolai con scarpe rotte dobbiamo imparare a Prompt-are, ovvero a istruire un sistema di Intelligenza Artificiale…
Due parole: et voilà, les jeux sont faits! I giochi sono fatti!
Che poi poco importa se questa “intellighenzia” abbia attinto dalle fatiche di qualcun altro, come le migliaia di giovani che, dalla nascita di internet, hanno diffuso conoscenza in rete e ora non ne detengono più la proprietà intellettuale.
D’altronde la rete, prima, era condivisione di saperi e risorse, dove guadagnarsi un po’ di cultura costava sudore e fatica.
Ed è grazie a questa ingenuità se oggi compaiono nuove illustrazioni con lo sfondo del cielo stellato di Van Gogh o figure che sfruttano lo stile di Milo Manara!
Internet è la terra promessa.
Il popolo di internet, che è come noi ma diverso, scrive e agisce ogni giorno con l’intento di litigare con qualcun altro della sua stessa città digitale.
Così, noi ignari lettori, ogni tanto incrociamo quel post che, indirizzato a chissà quale entità ultraterrena, offende o recrimina argomentando ragioni che, poverino, avranno tenuto sveglio l’autore di notte!
Chi comanda non le manda a dire, ma è già tardi.
E intanto chi ha realmente potere si sveglia e decreta, come la Cina che ha limitato l’accesso proprio a ChatGPT, il software intelligente che è capace di scrivere articoli, codice, ricerche, tesi attingendo dalle informazioni che il gruppo di ricerca ha caricato.
Questo software è politicamente corretto: interrogandolo sui vaccini, ad esempio, argomenta scientificamente e annulla le fake news, ovvero…
il software regge laddove la mente umana fallisce.
Eppure, sempre di mente umana parliamo perché questa Intelligenza è capace, nelle mani di improvvisati malintenzionati ignari di competenze sul codice, di creare e distribuire email di phishing per rubare dati o prendere possesso dei pc, diffondere malware…
Non recriminiamo, però, perché il virtuale ha creato nuove professionalità, solo che non riusciamo a meritarcele.
Viviamo con il ritmo degli atleti: in ritardo, rispetto ai tempi di risposta della rete, e la nostra carriera di esaurisce da giovani se non si resta al passo. Anzi, non al passo ma avanti nella competizione creata dalla condivisione.
L’insegnamento è importante:
il software dovrebbe essere al servizio delle persone, e non sfruttarne il potenziale!
Non meritiamo l’AI…
La mia constatazione è che l’uomo non meriti l’AI in quanto non riesce a gestirla come mezzo ma se ne lascia sopraffare, esagerando, divenendone dipendente, illudendosi che con la macchina si produca oro senza alcuno sforzo o preparazione.
D’altronde, se l’AI apprende dall’uomo alla fine diventa come lui: mostra il peggio di sé. Leggi l’articolo in cui un software AI, usato per il diario personale, ha iniziato a molestare gli utenti.
L’innovazione o l’unicità nascono dal processo, il percorso: storico, culturale, mentale, emotivo di ogni persona che vive in modo diverso, unico, la propria storia.
Difatti è quanto non accade nell’AI che, essendo un calcolatore, elabora quanto è stato già creato realizzando prodotti che sembrano originali: quando ipotizziamo che la macchina apprenda, in realtà riorganizza le nuove nozioni inserite.
L’uomo è l’unica macchina che, partendo dal nulla e senza mezzi, può concedersi la possibilità alle innovazioni.
Nick Cave afferma che l’AI: «… può essere in grado di scrivere un discorso o un saggio o un sermone o un necrologio, ma non può creare una vera canzone. Potrebbe forse col tempo creare una canzone apparentemente indistinguibile da una originale, ma sarà sempre una replica, una sorta di caricatura…»; l’AI «non ha un essere interiore, non è stato da nessuna parte, non ha sopportato nulla, non ha avuto l’audacia di andare oltre i suoi limiti».
Usiamo correttamente l’AI
L’AI può essere un ottimo mezzo utile: a chi sa già lavorare!
Ad esempio: può essere adatto per il rendering di ambienti per i film, dove i costi possono essere dimezzati e velocizzati; o agli sceneggiatori che, realizzando immagini affiancate ai testi, facilitano il lavoro al regista.
Oppure l’AI può velocizzare una ricerca: prima della scrittura di un articolo o di un documento, salvo controllare fonti e nozioni prima di pubblicare.
Imparare a sfruttare l’AI, invece di diventarne servo, è fondamentale perché l’etica è un concetto importante nella professione, che distingue l’esperto da chi opera in modo amatoriale.
Che ne sarà delle AI?
Cosa ne sarà delle splendide illustrazioni o degli articoli prodotti dai software AI?
La risposta migliore, letta fra le dozzine di polemiche, ribadisce un concetto fondamentale:
“l’editore (o il cliente) che preferisce usare solo software AI e non creativi, non è un editore che scelgo!”
E nella massima dignità di chi resta in piedi, impegnandosi con le proprie nicchie, ricordo che è bene mantenersi aggiornati.
A giorni partecipo a un seminario sul diritto d’autore per le opere prodotte dall’AI… visto mai debba argomentarne?
Nel mentre sono certa che i bambini, dai quali abbiamo sempre da imparare, fra il solito film in 3D o “La carica dei 101”, della Disney, scelgano quest’ultimo.
Un aneddoto racconta che gli animatori esclusero la tecnica del filmato live-action e il rotoscope, ovvero non ricalcarono gli attori mentre eseguivano le azioni ma preferirono disegnarli dal vivo a mano libera.
Oggi sembrerà un paradosso, ma secondo te sono stati dei folli o hanno effettuato una scelta intelligente?
Mi torna in mente anche l’illustratore straordinario, nel film La forme dell’acqua, costretto a rifare la tavola costata giorni, o forse settimane, di lavoro per poter modificare un colore…
È quindi l’artista creativo che attrae, non l’opera in sé, l’uomo che guarderei per ore mentre ignoro le milioni di immagini, create dall’AI, che mi sfiorano: immagini bellissime, ormai da discount perché replicate, già vecchie.
A conclusione aggiungo una postilla importante: per questo articolo non è stata sfruttata l’Intelligenza Artificiale, ma sono certa che non avevi dubbi.
* Per l’immagine di copertina: © Depositphotos.
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Ehhh come hai ragione Roberta...... Noi piccoli poveri artigiani con il cuore gonfio di emozioni e una testa ancora che elabora e crea dal nulla opere d'arte😍
Eh si, Anna. D'altronde quello che si crea da soli, a mano, ha un valore enorme o meglio: non ha prezzo. Baci!
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