Disegno © Roberta Coralluzzo

Qual è stato il momento esatto in cui ho scelto la Grafica come professione?

Ricordo che è accaduto tutto senza preavviso, in un periodo di tempo relativamente breve, dopo un’infanzia e un’adolescenza in cui non era avvenuto praticamente nulla.

Gli studi d’arte

Sono figlia d’arte, nel senso che mia madre, insegnante, aveva studiato arti grafiche ed era pittrice, mentre mio nonno era musicista, per questo motivo nella mia famiglia vari di noi hanno cercato un’occupazione nella creatività.

Iperprotetta e silenziosamente ribelle, la dice lunga sul mio carattere, ho vissuto una vita negli studi d’arte che ho pianificato da sola fino al giorno in cui, come dicevo, è accaduto ogni genere di evento ed erano già trascorsi molti anni dall’ultima volta in cui avevo toccato una matita, quando ho cominciato a rinascere.
I miei figli, in combutta col mio migliore amico, hanno creato una postazione lavorativa dove ho poi sistemato cartelle, tecnigrafo, innumerevoli pastelli, graphos, inchiostri, gessetti, fogli acquerellabili difficili da reperire.
Da quel momento è ripresa la storia.

La grafica

Ho letto spesso del talento, del dono innato di alcuni e di quello che nasce dalla pratica.
Non è mia intenzione capire o approfondire l’argomento ma posso assicurare che, dopo decine di anni di fermo e assenza di pratica nel disegno al tratto, quanto avevo già riscontrato nell’adolescenza, ovvero la sensazione di non essere io a guidare il tratto ma la mano stessa, non è mai svanito.

La differenza, semmai, riscontrata con la pratica è la leggerezza del tratto: nel tempo dimentichi l’accessorio che stai utilizzando, ed emerge l’idea del disegno mentre prende forma, come fosse già parte del foglio bianco.
Seguo l’istinto, non utilizzo la gomma, non correggo, non riprendo il disegno ultimato brevemente pieno zeppo dei suoi innumerevoli difetti, piuttosto ridisegno l’immagine, aggiungo fogli. Soprattutto: non realizzo bozzetti, nel senso che disegno e correggo sulla prima bozza.
Adoro i difetti, l’imperfezione è una magia, non lascio che la ragione prenda il sopravvento.
E questo fa la differenza fra quelli che sono i disegni, le illustrazioni e fare grafica.

Una scelta ragionata è stata certamente di volgere questa attitudine verso la grafica e il Web designer.

Da questa scelta è nata, appunto, la mia professione.

Vuoi chiedere un consiglio per la tua attività?

L’arte è molto diversa dalla grafica:
l’artista illustra per sé stesso, parla di sé, qualsiasi sia la notorietà e nonostante sia anch’essa una forma di comunicazione; il grafico, invece, consente ad altri di comunicare per suo conto trasformando in immagine il senso di un prodotto, di una realtà. Nonostante accada che alcune opere grafiche siano così prorompenti da emergere al di sopra del prodotto e diventino arte.

In sostanza, a mio parere:

l’artista produce per far comunicare sé stesso; il grafico lavora perché comunichino gli altri,

naturalmente in team comprendenti altrettante specifiche professionalità.

Nell’illustrazione, invece, c’è spesso la possibilità di far convergere più caratteristiche: l’illustratore crea su commissione e utilizza una tecnica, a volte digitale, cerca la sintesi ma allo stesso tempo può esprimersi in un connubio fra sé e quanto deve mostrare.
Con l’illustrazione si può creare e personalizzare l’immagine utilizzando tutte le tecniche per cui ci si sente portati: il tratto a matita, gli acquerelli, i colori a pasta; oppure digitalmente tramite i software di grafica con cui risparmiare in materia prima, correggere facilmente ed effettuare i riempimenti in maniera veloce. Il digitale comprende le immagini Raster (o immagine bitmap composte da Pixel, come quelle create con Photoshop, ad esempio) e le vettorali (alta definizione grazie ai punti, come con Illustrator).

Ma questa è un’altra storia.

Baci, baci!

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