Grafica con donna che studia al computer

Il Test di Bechdel è un metodo che valuta se in una storia, un film ad esempio o una pubblicità, il personaggio femminile ha il corretto rilievo e vive una narrazione inclusiva, utile a ridurre il divario di genere al di fuori della retorica e il patriarcato.

Questo accade perché, storicamente, alla donna sono state offerte poche possibilità e di conseguenza i racconti rispettano un assoggettamento di tipo maschile.

Come nasce il Test di Bechdel

Nel 1985 la fumettista statunitense Alison Bechdel inserisce, nella striscia The Rule della serie Dykes to Watch Out For, la storia di Ginger che propone all’amica Mo di andare al cinema, e questa accetta di accompagnarla solamente se il film rispetta tre requisiti:

  1. devono esserci almeno due donne
  2. che parlino tra di loro di qualsiasi argomento
  3. che non riguardi un uomo.

La storia si conclude con l’osservazione che l’ultimo film, a rispettare queste condizioni, è Alien perché le interpreti parlano di un mostro.

The Rule, di Alison Bechdel, 1985

The Rule, di Alison Bechdel, 1985

L’idea non è nuova perché già Virginia Woolf, nel libro “Una stanza tutta per sé”, parla delle donne che:

«A volte sono madri e figlie. Ma quasi senza eccezione vengono presentate in rapporto agli uomini».

Negli anni, al Test di Bechdel, sono state aggiunte altre condizioni come ad esempio:

  1. dare il nome ai due personaggi femminili
  2. fare in modo che fra loro ci sia un dialogo di almeno 60 secondi.

Inoltre da un po’ di tempo la M&C Saatchi Melbourne ha creato il Campaign Bechdel Test, per misurare gli stereotipi di genere nella pubblicità, e richiede:

  1. almeno un personaggio femminile che non sia una donna-oggetto
  2. il cui ruolo non sia limitato a supportare l’arco narrativo dell’uomo
  3. che abbia capacità decisionale autonoma.

Insomma, le intenzioni ci sono ma c’è ancora da lavorare sugli stereotipi.

Quando è stato usato il test

A partire dall’idea di Bechdel, a sua volta ispirata dall’amica Wallace, ci sono stati numerosi studi accademici.

Nel 2010 la critica femminile ha preferito questo test come uno standard di valutazione per programmi televisivi, film, libri e qualsiasi altro prodotto della comunicazione.
Nel 2014 la Svezia ha inserito il Test di Bechdel come uno dei criteri per la classificazione dei film e, in seguito, sono stati creati software adatti a convalidare i copioni degli autori.

Se sei curioso di scoprire quali film hanno superato il Test di Bechdel puoi sfogliare il sito bechdeltest.com

Limiti e vantaggi

È quasi naturale supporre che il Test di Bechdel non possa essere un riferimento per tutte le storie, in quanto ci sono racconti che comprendono solo gli uomini.
Inoltre il superamento del test non garantisce che la storia sia priva di sessismo, pur in presenza di solo donne, né certifica la qualità di un prodotto.

Economicamente, invece, nel 2018 si è scoperto che i film con maggiori consensi e guadagni avevano superato brillantemente il test.

Perché usare il Test di Bechdel

I media sono parte della nostra vita, influenzano la cultura e ispirano il modo di approcciare e vivere la società, sono parte della costruzione del pensiero critico.

Quando sento parlare di emancipazione mi rammarico di come la figura della donna sia ancora vittima delle limitazioni che ha dovuto subire: economicamente, culturalmente, per la scarsità di potere dirigenziale.
Parliamo sempre della cultura occidentale, perché in alcun Paesi le limitazioni di genere sono ancora più marcate.

La strada da fare è tanta e ben vengano le iniziative come il Test di Bechdel.

Le donne combattono ma poi sopportano, si adattano e proseguono.

E non va bene.

Mi preme ribadire che ogni prodotto dei media evidenzia l’infinità di pensieri stereotipati che ci circonda, e di quanto sia difficile azzerare questa mentalità.
Tuttavia persino uno spot, o un manifesto, possono rappresentare il punto di partenza verso un percorso culturale più inclusivo.

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